Il libro del Poeta dell'Epomeo, Balestrieri Pasquale Stampa
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Ricerche Storiche D'Ambra - Ricerche Storiche
Scritto da Pasquale Balestrieri   
Giovedì 22 Febbraio 2007 19:51

Il libro del Poeta dell'Epomeo, Balestrieri Pasquale

Un’insolita presenza sulla scena letteraria isolana è certamente quella di un libro che oscilli tra ironia e scherzo, parodia e comicità, canzonatura e sarcasmo. Tale è il caso del libro del Poeta dell’Epomeo, il quale dall’alto del monte osserva acutamente piccinerie  e vizi, falsità e difetti, atteggiamenti e comportamenti degli isolani e ne prende opportuna nota. E, per aver a disposizione altezze “fisiche”, strumenti intellettivi, culturali e artistici adeguati, il Poeta dell’Epomeo può permettersi di scrivere -parte in versi, parte in prosa- un’opera come questa, in cui sono argutamente passati quasi in rassegna fatti e personaggi isolani.

Il libro ”Poesie giocose e favole politiche del Poeta dell’Epomeo” (pagg. 96), edito dal Centro di Ricerche Storiche d’Ambra e “curato” dall’avv. Nino d’Ambra, raccoglie in volume scritti  pubblicati dal Poeta dell’Epomeo sul quotidiano Il Golfo nell’arco temporale che va dal 1989 al 1998; è diviso in due parti, Poesie giocose ( in  versi, ovviamente) e Favole politiche (in prosa), precedute da una piacevole introduzione del curatore, nella quale questi traccia un excursus della poesia satirica isolana, fortemente connotata dalla presenza foriana di Giovanni Maltese, di Giovanni Verde e  di Luigi Polito.
   Apre il libro una poesia di Nino d’Ambra, in dialetto foriano, intitolata “ ‘U Mummulero “ di grande freschezza e vivacità, anche verbale, nella quale il dialogo fra il poeta e il portatore d’acqua, dai forti accenti popolareschi, si risolve in una sostanziale e quasi paradossale incomunicabilità tra i due, con codicillo finale da parte del poeta il quale, sconsolato e meditabondo, osserva che “a lavare la testa all’asino…” con quel che segue.
   Il primo soggetto ad esser preso di mira dagli strali del Poeta dell’Epomeo è l’ischitano: costui, oltre a fornire il titolo alla poesia, pervasa da corposa ironia che verso la fine si volge in sarcasmo, è diffidente dei compaesani ma amante del forestiero al punto di affidargli incautamente i propri soldi, perdendoli (in una poesia del Giusti,  “Il sortilegio”, accade qualcosa di simile).
   Una satira accentuata e quasi feroce domina “L’avvocato”, mentre un tono di saggia pacatezza percorre i versi de “L’invidioso”. Brucianti sferzate si abbattono sui giornalisti, dei quali il Poeta dell’Epomeo  svela miserie e meschinità, sui galoppini elettorali e sui politici, senza risparmiare (a ragione) gli elettori, spesso “più cialtroni” degli eletti. Che dire poi del clero indisciplinato, riottoso, mondanizzato e venale, che mal sopporta le prediche del vescovo, peraltro inascoltato?
   Di pronto impatto e pervasa di popolare comicità anche per la rima baciata e l’immediata semplicità linguistica, è la composizione “Lo Scalpello dello Scultore”, mentre i versi di “Signore” napoletane ci offrono un esempio di “finezza” di lingua e di comportamento. Poi l’attenzione del poeta si appunta sull’Avvocata, ignorante e incapace, sessuomane incallita ma, proprio per questo, insoddisfatta. Merita infine considerazione “Epomeo, addio!”: sul monte cade, come neve, una grattugiata di malinconia, ora che anch’esso è stato violato da un “progresso” gaglioffo, ma anche da prepotente rozzezza. Il Poeta, in questa realtà corrotta e consumistica, pensa che sia opportuno guardare l’Epomeo dal basso e, con la complicità della luna, ancora sognare. E’, in qualche modo, una resa sconsolata, che testimonia il crollo nella società ischitana di ogni valore tradizionale.
   Passando poi alle Favole politiche, ci balza agli occhi e si squaderna l’universo variegato della politica e della società isolana. Emergono figure e figurine di personaggi, colti nei loro aspetti più particolari e talvolta intimi, ma anche più discutibili e comici. Il fatto saliente è che, ancor prima del nascere del “fenomeno” berlusconiano, già ci fosse spazio, sull’isola d’Ischia, per una sorta di culto ( attivo e passivo come l’elettorato) dell’immagine e della personalità neppur tanto latente: anche così si spiega il dominio della scena politica da parte di individualità  come quelle di Iacono, Mazzella, Colella, ecc.; e, prima ancora, di altri che in questa sede non è il caso di nominare.
   Anche in queste “Favole” l’Autore esercita la sua arguzia, spesso parodiando, sempre usando un linguaggio antifrastico di notevole effetto; ma soprattutto fa satira
( questo, più di altri, mi pare il genere letterario che più si addica all’opera), irridente quanto basta, sobria, e dunque mai eccessiva o gridata.
   Un cenno a parte meritano le illustrazioni, ben conteste con i contenuti, che spesso recano didascalie davvero esilaranti. Lo stile, poi, è, a seconda delle circostanze, amaro, pungente, caustico, faceto, sottile, mordace; ma tuttavia pervaso da soffusa bonomia. 
   Infine la copertina: vi appare uno scorcio dell’isola con la mole dell’Epomeo; sotto, una banconota da un dollaro con, al centro, la scritta in corsivo ”epomeo addio!”: inequivocabile riferimento alla venalità di tanti, troppi ischitani che, per amore di denaro, hanno svenduto se stessi e tradito e violentato la propria terra.
   Per chiudere, i volti della quarta di copertina possono fungere da  sinossi fotografica del libro. Che invito a leggere per un momento di sano interludio.

(Pasquale Balestriere quotidiano “Il Golfo”, 22 febbraio 2007, pag. 17)

Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Maggio 2009 18:01