Controriforma di Monti e Rinascita Democratica Stampa
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ItaliaNews - Economia
Scritto da Antonio D'Acunto   
Sabato 07 Gennaio 2012 08:31

Controriforma di Monti e Rinascita Democratica

Completamente assente nelle scelte e nel programma  del Governo Monti  e poi successivamente di gran parte del Parlamento Italiano  è  la questione delle risorse, quelle vere della Storia dell’Uomo e  della sua  Cultura, e della Natura,  dei limiti  di Essa e  della Sua capacità recettiva;  paradossalmente,  la situazione attuale, di grave difficoltà economica e sociale di gran parte della popolazione,  non sembra poi certo la migliore per occuparsi , o meglio mettere al centro del dibattito politico, istituzionale,  economico e culturale,  la ecologia, la crescita sociale  e lo “sviluppo   sostenibile”, con tutte le ambiguità e  i limiti insiti in questa definizione.

Ma naturalmente non è così; per la vera salvezza dell’Italia  sono  proprio queste le  sole,  le vere  necessità ed è in questa direzione che occorre da parte delle sensibilità e delle  forze,  democratiche, ecologiste, solidali, progressiste per la Umanità ed il Pianeta,  agire per fare emergere la spirale della irreversibilità della crisi, nazionale e mondiale,  e le sue cause vere che la determinano, partendo dall’attualità del Governo Monti.

Il Governo Monti rappresenta difatti la compiutezza del  percorso  della Politica Italiana e per molti aspetti mondiale, tutto fondato sulla Economia – naturalmente un particolare tipo di Economia- a cui è  subordinata e soprattutto  finalizzata ogni altra questione, ogni altro interesse;  ogni scelta politica, in ogni campo, ecologico,  culturale, sociale, di relazioni di potere, è alla fine  orientata al  totale Primato  di una determinata  Economia.
E  la visione di Monti della Economia - quella che da anni, troppi anni domina anche il pensiero della politica e della economia della sinistra istituzionale -  riversata integralmente nella manovra finanziaria, è la Controriforma dello slancio innovativo  di ciò che era avvenuto dalla nascita dello Stato Repubblicano fino agli anni 90; essa è  fino in fondo tutta quella della classica destra economica, fondata sul mercato come centro,  anzi come  unico,  regolatore dello sviluppo o della recessione del nostro Paese come  a livello internazionale.
Monti sembra essere stato posto come Capo del Governo da un’assemblea di Operatori di Mercato Finanziario;  lo stesso “ricatto politico” che egli porta quando si parla di elezioni anticipate è fondato tutto sul  mercato che darebbe una risposta durissima alla cessazione anticipata del suo mandato tecnico. 

La crisi oggi viene addebitata   al debito pubblico e i pesantissimi  “sacrifici”   chiesti sono  in funzione della eliminazione di tale debito; questo almeno all’inizio della “filosofia ispiratrice della manovra”. Ma  è  evidente, come appare già dal “subito dopo”  della manovra, che quand’anche il debito pubblico verrà azzerato, la situazione e la linea economica non verranno  cambiate.  Qual è difatti il  vero significato del tutto? Che il Pubblico deve essere fortemente ridimensionato ed il Sistema Italia nel suo insieme sociale, produttivo, economico, culturale  deve essere gestito e governato dalla iniziativa del capitale privato, finanziario ed imprenditoriale; la sostanza politica di fondo, epocale,  di tutto ciò che sta avvenendo in Italia e nell’Europa è questa:  spostare il potere dal pubblico al privato.
Ma ragioniamo seriamente e chi meglio di un “Luminario dell’Economia” quale Monti avrebbe potuto e potrebbe ancora farlo: è  ideologicamente,  scientificamente e storicamente,  in Italia,  falsa la correlazione tra  debito pubblico e spesa pubblica, ovvero che il debito pubblico sia determinato dalla spesa pubblica, soprattutto se qualificata: il debito pubblico nella grande esplosione dello Stato Sociale, del Welfare, del ruolo fondamentale del  Pubblico, delle Conquiste dei Diritti dei lavoratori -  riscontrabili nella grande Riforma Sanitaria, datata 23/12/78, Legge 833, che  tutela il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività,  nella nazionalizzazione della energia elettrica, legge il 6 dicembre 1962, - nello Statuto dei lavoratori, la legge n. 300 del 20 maggio 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento",  per citare solo tre emblematici capisaldi del Pubblico e dei Diritti, (ma sarebbe il caso di vedere tutto quanto avvenuto nei primi decenni postbellici) -  è stato sempre fortemente contenuto  attestandosi  come media ad esempio fino a metà  degli anni 80  sotto il 50 percento del PIL. La vera esponenziale impennata, fino al valore attuale di circa  120  percento del PIL   comincia   dalla fine degli anni 80, e cioè  da una parte quando si delinea il disastroso disegno  - progetto tutto politico della svendita del pubblico e delle privatizzazioni in ogni campo e luogo – energia, ferrovie, telefonia, industrie,  società e patrimonio dello Stato -  e dall’altra  -  per riportare  la parte del contesto del trattato di Maastricht del 92  più connesso al ragionamento del presente contributo – quando nasce la unione monetaria ed il trasferimento alla BCE, la Banca Centrale Europea,  della politica monetaria e della emissione della relativa moneta, l’Euro,  con la progressiva abolizione delle monete nazionali sulla base della dominanza dell’Asse Franco-Tedesca. Questa è la incontestabile verità che i dati ed i fatti veri ci dicono. Quando sta avvenendo oggi è lo scatto finale di questo percorso.

Questo scatto  non lo poteva fare il governo Berlusconi, non solo per la sua credibilità e la facile accusa di conflitto di interessi ma anche per la “naturale opposizione” che le forze di opposizione gli avrebbero dovuto comunque fare: un percorso irto di difficoltà, spianabili e spianate da un governo retto da un “tecnocrate”, un “professionista” della economia. Le conseguenze della drastica riduzione della ricchezza pubblica, del suo potenziale,  sono evidenti. Mentre con il Titolo I ed il Titolo II del cosiddetto Decreto Salvaitalia  cioè quelli che  in generale danno   il messaggio, il significato di fondo di un decreto o di una legge! si  specificano  l’Aiuto alla crescita economica (Ace) quale l’incentivazione del rafforzamento patrimoniale delle imprese italiane ed il  Rafforzamento del sistema finanziario nazionale e internazionale, e mentre  nel cuore del decreto e contestualmente ad esso  vengono dati segnali netti,  inequivocabili nel  campo della politica della guerra  quali l’anticipo dei finanziamenti per la copertura della spese della missioni militari all’estero e l’acquisto di   131 cacciabombardieri JSF Joint Strike Fighters (JSF-F35) che impegnerà il nostro paese fino al 2026 con una spesa di quasi 14 miliardi di euro ,(se è chiaro a chi andrà questa infinita ricchezza, non è ancora chiaro chi dobbiamo bombardare!),  tutto il resto di interesse pubblico e collettivo, dell’oggi e delle future generazioni,  verrà sacrificato e ridimensionato fino alla possibile sua minima, insignificante presenza. Questo è ciò che è lucidamente disegnato  da Monti per  la tutela della natura,  dell’ambiente, della biodiversità, per  la scuola e la educazione, per la ricerca, per la sanità, per la cultura ed i beni culturali, per la solidarietà, per  il sostegno a produzioni e lavoro ecosostenibili.
Per mancanza di “fondi pubblici” saranno i capitali privati ad acquisire ed investire nei  “beni comuni”: che valore volete che abbia il  referendum popolare sull’acqua quando mancano agli Enti Pubblici i soldi per la captazione della risorsa, per le reti di trasporto e per la distribuzione?
L’energia,  sempre fresca di giornata perché sempre rinnovabile giorno dopo giorno, a costo zero alla fonte,  bella e pulita del Sole aspetta solo di essere acquisita per il benessere collettivo, ed i Cittadini italiani nella quasi totalità si sono espressi ancora con il referendum per tale scelta; ma, non vi sono soldi e perciò non si può, anzi bisogna ridurre gli strumenti di incentivazione esistenti, a partire da quello spendaccione “conto energia”. Naturalmente gli incalcolabili utili, l’immane, sì sporco, affare  di questa mancanza di pubblici fondi vanno alle grandi compagnie petrolifere in attesa del rilancio del nucleare, come ci fa sottendere il nuovo ministro dell’ambiente; i danni abnormi vanno invece  alla vita del Pianeta, al Clima, alla Biodiversità.
Pompei, i suoi tesori di storia e cultura, patrimonio universale della Umanità,  cadono  per incuria e mancanza di fondi? bene!, così vi sono ragioni valide per affidarla alla speculazione del capitale privato. 
Vi sono aree vecchie e nuove che si liberano – a Napoli di immensa identità e valori, sul mare o all’interno, ad occidente e ad oriente -  e che potrebbero dare qualità e respiro alla città, con la realizzazioni di parchi urbani,  cinture verdi, spazi e servizi  sociali di benessere collettivo, produzioni e lavori ecosostenibili? Non si può,  perché - rispondono anche i “migliori sindaci” quelli della “discontinuità con il passato”, votati per cambiare, per fare ben  altro – occorrerebbero fondi che non vi sono e solo con l’investimento privato è possibile intervenire per “valorizzare le aree”, ovvero per  il loro saccheggio con pesanti cementificazioni, al limite  intrecciate – anche questo totale trionfo della incultura si affaccia a Napoli per giustificare saccheggi – con percorsi didattici - culturali in una riproduzione del sito archeologico proprio della  Pompei a rischio.  (la Pompei vera, archeologica è a meno di 10 chilometri!).
E tutto ciò vale per ogni altro campo: sviliamo, se non proprio cancelliamo quando possibile scuola ed università pubblica, la ricerca annulliamola come finalità di conoscenza e  facciamola vivere solo se dà lucrosi (falsi nel tempo) brevetti economicamente redditizi, che senso hanno  Ospedali, Luoghi di Solidarietà, Case del Popolo, Liberi  Spazi di Vita Animale e Vegetale,  Memorie e Storie geologiche e naturali, Paesaggi e Luci e Colori, quando  non sono  moneta, quando non entrano nei circuiti di mercato, non incidono su  spreads e diavolerie simili?

Se il pubblico significa,  come significa,  democrazia, la via in atto è quella  di svuotarla di potenzialità e contenuti reali, di renderla insignificante rispetto ad ogni scelta, ad ogni decisione; a decidere difatti su tutto non è, non  può essere   la volontà popolare, nemmeno nella forma di delega parlamentare, ma i grandi capitali.
Tutto ciò  è la decadenza della Civiltà, e  la  decadenza del Lavoro, fino al  suo annullamento o  nella sua identità di realizzazione compiuta della Persona Umana ne è la espressione più compiuta.
Come uscirne, come attivare un percorso di Rinascita  per una nuova Società, per un nuovo Paese, è la questione centrale che deve porsi la immensa moltitudine di cittadini, tuttora presente nel Paese,   di ispirazione ecologista, solidale, democratica, alternativa alla insignificanza o alla negatività di valori oggi portati da gran parte delle forze politiche  e dal Governo.
La Resistenza ai processi in atto,  pur fondamentale e necessaria, si dimostra da sola sempre più insufficiente, inadeguata con la conseguenza dell’indebolimento della sua stessa esistenza e dell’arretramento globale delle conquiste e dei valori acquisiti. Appare sempre più necessaria la costruzione e la proposizione di un Progetto Politico e perciò  Economico, Produttivo, Culturale, Sociale,  globale che riporti il Primato della  Politica, e perciò della  Ecologia, della Democrazia, della Partecipazione, della Solidarietà oggi e con le future generazioni.
Appare cioè sempre più necessario ed urgente che la infinità di Monadi di Pensiero, di elaborazioni, di lotte, di concrete esperienze esistenti quale immensa ricchezza vera della Democrazia  del nostro Paese si apra ad una globale riflessione  per costruire  tale nuovo percorso, che richiama perciò anche  la ricerca di nuova metodologia di confronto e di sintesi.

Da subito occorre però unificare la elaborazione, la proposta e la lotta su quei punti che portano a vere, mastodontiche muraglie  di  irreversibilità -  in un processo di trasformazione democratica, parlamentare e non violenta del Paese-   se non fermate in tempo: ne indico due che mi sembrano abbiano valenza centrale. La prima è quella dell’Appello del Presidente Nazionale VAS, Guido Pollice al Presidente della Repubblica  sulle richiesta del blocco delle modifiche costituzionali in corso al Parlamento, in particolare nel merito del pareggio di bilancio che Monti sta accelerando su richiesta della BCE, del FMI e dei Governi francesi e tedeschi   a livello europeo come patto di stabilità. La irreversibilità di questo durissimo attacco alla disponibilità ed alla spesa pubblica, sta nel fatto che per tempi incalcolabili sarebbero impensabili maggioranze parlamentari come quelle che oggi sostengono il governo Monti che potrebbero poi invertire costituzionalmente le gravissime scelte che oggi si vanno a fare. Occorre contestualmente rimettere in discussione tutti i trattati che hanno caratterizzato il percorso della Unione Europea fino ad oggi.
Il secondo punto è sicuramente il No al Pagamento del Debito Pubblico, ma con una battaglia radicale sulla emissione delle monete; intanto con una grande iniziativa di corretta informazione  sulla natura della BCE (Banca Centrale Europea) e della Banca d’Italia, sul soggetto che emette le banconote, sul signoraggio e conseguentemente sul “grande inganno” della vera causa del debito pubblico. Fatta esclusione per gli addetti ai lavori e per pochi altri si può affermare senza ombra di dubbio che la quasi totalità dei cittadini ignora che la Banca Centrale Europea come la Banca d’Italia – e ciò vale per tutte le cosiddette Banche Nazionali che costituiscono la BCE-  non sono le Banche della Unione Europea e la Banca dello Stato Italiano, ma delle Banche Private*, di finanzieri e banchieri privati; né** sanno che le Banconote,  da 5, 10, 20, 50, 100 e 500  non sono emesse né dall’Unione Europea , né dallo Stato Italiano, ma dalla BCE e dalle Banche Nazionali e cioè da privati che vendono, o fittano a seconda di come si vuole leggere la operazione, agli Stati Nazionali le banconote, con un ingente guadagno, definito tecnicamente signoraggio. Né sanno che non è né la Unione Europea né lo Stato Italiano a fissare i tassi di sconto e di interesse, ma sempre le suddette banche e che i debiti degli Stati Nazionali, come quello della Italia, per l’acquisto di banconote crescono esponenzialmente per gli interessi che maturano e che perciò la conseguenza di tutto ciò, è la causa vera del debito pubblico, che non nasce dunque dall’avere troppa scuola, troppa sanità, troppa tutela dell’ambiente, troppa cultura, troppa ricerca, troppa solidarietà sulla quale richiamare il Paese ai sacrifici, ma dall’assurdo, immane guadagno di speculatori privati - organizzati nel sistema delle banche -  derivato  dal sistema della emissione delle banconote.
Monti, professore emerito di economia, già Rettore della Bocconi, perché non dice queste cose agli Italiani? Perché non dice che se,  come dovuto, fosse lo Stato Italiano o quando sarà veramente politicamente reale,  la Unione Europea, ad emettere le monete e che se  il signoraggio fosse, all’esatto opposto di oggi,  a vantaggio dello Stato nei confronti di privati, non esisterebbe il debito pubblico? Qui sta oggi  la vera questione, il cuore vero della battaglia  per la Rinascita del Paese: ridare allo Stato, cioè ai cittadini,  la sovranità monetaria.
Naturalmente ridare al pubblico gli strumenti per il governo della economia, non è certo la sola condizione per  la nascita di un nuovo paese, di quello che tanti di noi vorremmo, ma è la condizione assolutamente necessaria.
Napoli, 4 gennaio 2012
Antonio D’Acunto,  Presidente Onorario VAS Campania

*Soci  Banca d’Italia
Gruppo Intesa (27,2%),
BNL (2,83%)
Gruppo San Paolo (17,23%)
Monte dei Paschi di Siena (2,50%)
Gruppo Capitalia (11,15%)
Gruppo La Fondiaria (2%)
Gruppo Unicredito (10,97%)
Gruppo Premafin (2%)
Assicurazioni Generali (6,33%)
Cassa di Risparmio di Firenze (1,85%)
INPS (5%)
RAS (1,33%)
Banca Carige (3,96%
privati (5,65%)
Partecipazione Banche Nazionali (prevalentemente private) a BCE
BCN dei paesi dell’area dell’euro (1° gennaio 2011)
BCN Quota di partecipazione al capitale della BCE (in %) Capitale versato (in euro)
Nationale Bank van België / Banque Nationale de Belgique 2,4256 180.157.051,35
Deutsche Bundesbank 18,9373 1.406.533.694,10
Eesti Pank 0,1790 13.294.901,14
Banc Ceannais na hÉireann / Central Bank of Ireland 1,1107 82.495.232,91
Banca di Grecia 1,9649 145.939.392,39
Banco de España 8,3040 616.764.575,51
Banque de France 14,2212 1.056.253.899,48
Banca d’Italia 12,4966 928.162.354,81
Banca centrale di Cipro 0,1369 10.167.999,81
Banque centrale du Luxembourg 0,1747 12.975.526,42
Bank Ċentrali ta’ Malta / Central Bank of Malta 0,0632 4.694.065,65
De Nederlandsche Bank 3,9882 296.216.339,12
Oesterreichische Nationalbank 1,9417 144.216.254,37
Banco de Portugal 1,7504 130.007.792,98
Banka Slovenije 0,3288 24.421.025,10
Národná banka Slovenska 0,6934 51.501.030,43
Suomen Pankki 1,2539 93.131.153,81
Totale2 69,9705 5.196.932.289,36
I profitti e le perdite netti della BCE sono distribuiti tra le BCN dei paesi dell’area dell’euro conformemente all’articolo 33 dello Statuto:
**Le autorità nazionali (le Zecche) si occupano invece del conio delle monete – 0,1 – 0,2- 0,5- 1 – 2  Euro
Antonio D'Acunto