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Ricerche Storiche D'Ambra - Ricerche Storiche
Scritto da Isabella Marino   
Mercoledì 08 Novembre 2000 18:21

Serata Garibaldi

Quando l'Eroe dei Due Mondi immaginava un unico Stato in Europa
Alla presenza di Giuseppe Garibaldi junior è stata ricordata l'opera del grande bisnonno nella costruzione dell'Italia unita, con l'idea di un'Europa in futuro non più divisa politicamente. Il Garibaldi che governò Napoli e la visita a Ischia nel 1864. Gli ideali di un uomo che precorse i tempi.
Per lui è, semplicemente, il “bisnonno”. Un modo per rendere più sereno l’approccio con il Mito al pubblico e forse, prima ancora, a sè stesso, chiamato a portare un nome, quello di Giuseppe Garibaldi, che continua a evocare l’idea stessa dell’Eroe, in Italia, in Europa, al di là dell’Atlantico.

E quanto il personaggio storico Garibaldi sia ancora ispiratore di profonde emozioni lo ha testimoniato la bella serata che ha voluto dedicargli domenica scorsa il Centro di Ricerche Storiche d’Ambra, nella sua sede in pieno centro di Forio, a due passi dalla chiesa madre di San Vito.
Anche stavolta Nino d’Ambra, ideatore e animatore di periodici appuntamenti culturali, è riuscito ad organizzare un momento di approfondimento storico capace di alimentare una riflessione su temi di grande attualità e diffuso interesse. Frutto, questo, della scelta di una giornata già particolare, il 4 novembre, che in questo anno 2000 ha coinciso anche con il 50° anniversario della firma della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Ed una felice intuizione si è rivelato il collegamento tra gli eventi storici legati a quella celebre data e la figura di Garibaldi senior, resa viva dai racconti del nipote omonimo.
Proprio la presenza a Ischia di Giuseppe Garibaldi junior, accompagnato dalla moglie Flavia e dal figlio quindicenne Costante, ha consentito di esplorare alcuni aspetti meno frequentati dai libri di storia della vita e della figura del celebre bisnonno, che, tra l’altro, si riferiscono ai periodi della permanenza di quest’ultimo a Napoli e sulla nostra stessa isola.
“Supponiamo che l’Europa formasse un solo Stato...”, è stata la frase che ha costituito il leit-motiv dell’incontro, riprodotta in pannelli, come uno dei ritratti “napoletani” di Garibaldi, all’ingresso del palazzo d’Ambra e lungo la scalinata che conduce al “cenacolo” dove si sono ritrovati, ancora una volta, in tanti. A ipotizzare un unico Stato europeo era stato proprio lui, il Generale, nel Memorandum che aveva indirizzato alle Potenze d’Europa da Napoli, nel 1860, in cui auspicava la creazione di un’Europa unita in senso federalista. Un tema, questo, su cui l’opinione pubblica e le classi dirigenti del Vecchio Continente ancora si interrogano e riflettono, giacché se l’Europa unita è una realtà in campo economico, resta ancora lunga e non priva di difficoltà la strada da percorrere perché lo diventi anche sul piano politico. Ma è la lungimiranza dell’idea di Garibaldi che colpisce a distanza di 140 anni. Perché se oggi l’idea dell’Europa unita è ampiamente condivisa, tanto da configurarsi ormai come un valore acquisito per la stragrande maggioranza dei cittadini europei, all’epoca di Garibaldi era l’ideale di un gruppo ristretto di spiriti illuminati, capaci di guardare molto al di là di una realtà contingente caratterizzata ancora dalla battaglia per l’affermazione dell’indipendenza e del riconoscimento dell’autonomia delle singole nazioni.
E, a proposito di questo, la “serata Garibaldi” non poteva prescindere dal ricordare la presenza di Zi Peppe, come avevano preso a chiamarlo affettuosamente i napoletani fin dal 1860, a Ischia, nel giugno-luglio 1864. Un soggiorno breve, ma intenso dal punto di vista dei contatti politici che l’illustre ospite ebbe con i rappresentanti del Partito d’Azione e con i suoi più fidi collaboratori per pianificare le mosse successive del progetto di riunificazione dell’Italia, a cui mancavano ancora Venezia e Roma. Ischia sarà la nuova Quarto, si era detto allora. Non fu così, ma per un mese l’attenzione dell’opinione pubblica non solo italiana, sollecitata dai giornali (oltre quella della polizia che controllava tutte le mosse del Generale e dei suoi sostenitori), si concentrò su quanto accadeva sull’isola d’Ischia e sui possibili sviluppi che ne sarebbero potuti scaturire.
Al “periodo ischitano” di Garibaldi risalgono alcune poesie che sono state lette, con grande partecipazione, sabato scorso da Rosa Genovino e i brani, anch’essi in napoletano, di due cronache dell’epoca (pubblicate proprio da Nino d’Ambra nel suo “Giuseppe Garibaldi. Cento vite in una”) che raccontano dell’arrivo a Ischia dell’Eroe, accolto con gran calore dagli isolani, e della sua partenza, salutata da una gran folla al suono dell’inno garibaldino.
Quello stesso Inno, sabato, ha accolto quanti erano convenuti a Forio nel nome di Garibaldi. Non si trattava di un disco, ma di un'esecuzione dal vivo, magistralmente eseguita per l'occasione dal maestro Silvano Trani alle tastiere, da Gennaro D'Avanzo alla tromba, dal baritono Gaetano Maschio e dal soprano Filomena Piro. Un'interpretazione vibrante, che è valsa ai musicisti il sincero elogio di Garibaldi junior, desideroso di sottolineare come per la prima volta il testo, e non solo la musica, fosse stato valorizzato come si conviene ad un brano che ha fatto da colonna sonora alla realizzazione del sogno dell'unità d'Italia.
L'epopea risorgimentale è stata anch'essa protagonista, e non poteva essere altrimenti, della "Serata Garibaldi". Giuseppe junior, ha ricordato, accompagnandola con particolari frutto della tradizione orale della famiglia Garibaldi, l'impresa dei Mille e l'impegno profuso dal "bisnonno" per riuscire a completare l'opera di unificazione realizzata nell'860 con la liberazione di Roma e Venezia.
A raccontare il Garibaldi meno conosciuto ha contribuito anche l'intervento di Nino d'Ambra dedicato all'esperienza di governo di Garibaldi a Napoli, subito dopo l'uscita di scena dei Borbone. Non fu solo un grande condottiero, Garibaldi, e proprio allora dimostrò anzi ottime doti di governante in una città che, secondo il giudizio dello storico Fernand Braudel "nessuno è mai riuscito a governare". Nei soli due mesi in cui il Generale ne ebbe la responsabilità, riuscì ad introdurre innovazioni che diedero, sia pur per poco, il segno del nuovo, di una reale soluzione di continuità rispetto al passato sistema: il riconoscimento dei sussidi ai disoccupati, l'abolizione del carcere per debiti, la riforma della scuola e l'obbligo di frequentarla, il blocco degli sfratti per le case di abitazione, la separazione nelle carceri dei detenuti già condannati da quelli ancora in attesa di giudizio. Questioni, queste, che in qualche caso sono ancora oggi, dopo quasi un secolo e mezzo, oggetto di dibattito nell'Italia democratica, in attesa di soluzioni d'avanguardia come quelle indicate da Garibaldi, capace di precorrere - e di molto - i tempi.
Oltre al Garibaldi governante illuminato, l'incontro ha anche trattato il tema del suo rapporto con la religione, ripercorso dal nipote, che ha rivelato come la madre Rosa avesse nutrito a lungo la speranza che il futuro Eroe dei Due Mondi prendesse i voti. Profondamente religioso, Garibaldi fu, tuttavia, un acceso anticlericale per via di quel potere temporale della Chiesa che impedì fino all'870 di completare il disegno dell'unificazione politica della Penisola con l'ultimo, essenziale tassello: Roma, la capitale naturale della nuova Italia. "O Roma, o morte!", era la parola d'ordine, più volte ripetuta nella celebre poesia "Camicia rossa", interpretata sabato sera da Rosa d'Ambra.
Un uomo di grandi ideali, il Generale, aveva dimostrato di esserlo fin dalla giovinezza, dalle sue imprese in terra d'America, dove aveva combattuto in nome di quella libertà dei popoli che fu anche il motore del suo impegno, più tardi, nella terra natia. E a quegli ideali di libertà, di giustizia, di uguaglianza rimase fedele per tutta la vita, come condottiero, come massimo responsabile della Dittatura meridionale a Napoli, come parlamentare del Regno, uomo politico e cittadino. E come uomo che, pur avendo fatto uso della forza delle armi, sosteneva che le risorse degli Stati dovessero essere utilizzate non per le guerre, ma per sottrarre gli uomini alla schiavitù della povertà e dell'ignoranza.
Per questa sua coerenza, per la sua riconosciuta onestà, per la sua indipendenza di pensiero, per la forza dei suoi ideali, che spesso, anche negli anni più tardi, gli crearono qualche difficoltà di rapporto con il mondo politico, gli valsero l'ammirazione del popolo, anche al di là dell'Italia. Fu Eroe, Garibaldi, anche per tutte le altre sue doti di personaggio pubblico, non solo per l'aver portato a buon fine tante imprese militari, pur partendo di solito da situazioni di svantaggio.
Come sempre avviene negli appuntamenti culturali in casa d'Ambra, al momento della rievocazione storica, ha fatto seguito quello degli interventi liberi del pubblico presente. E un contributo alla riflessione è stato portato stavolta dal sindaco di Forio, Franco Monti, che si è soffermato sui valori - la libertà e la solidarietà - che contraddistinsero e accompagnarono la battaglia di Garibaldi per l'unità d'Italia; poi, da Pietro Del Deo, che ha attualizzato il discorso non senza qualche irruzione nel campo della politica locale; a seguire da Rosa Genovino, con un appassionato intervento sul Risorgimento italiano e, di contro, sulle tante ombre del regime borbonico. E su questo tema a lui da sempre molto caro, anche come studioso della Repubblica Napoletana del '99, non è mancato l'intervento di Nino d'Ambra, che ha motivato il suo giudizio profondamente negativo sull'influenza dei Borbone nella storia del Mezzogiorno.
Una serata intensa, un momento di conoscenza, di ricordo, di rievocazione, contrappuntato dagli interventi di Giuseppe Garibaldi junior nel nome della comune ammirazione dei presenti per Garibaldi senior. Una serata che non ha tralasciato di ricordare l'anniversario della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e la Festa del 4 novembre, sottolineata dal saluto conclusivo del generale Paolo Castagliuolo, che aveva indossato per l'occasione la divisa di gala. E, dulcis in fundo, omaggio all'Italia voluta e costruita anche da Garibaldi, l'Inno composto da Mameli in pieno Risorgimento, nell'847, quando ancora la lotta per una patria unita e finalmente libera dalle dominazioni straniere era all'inizio

(Isabella Marino: quotidiano “Il Golfo“ dell’8 novembre 2000).

Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Maggio 2009 18:37