LE LACRIME NON BASTANO A LAVAR VIA IL DOLORE Stampa
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CasamicciolaNews - Cronaca
Scritto da Ida Trofa   
Sabato 17 Settembre 2005 19:10

Lo strazio di quel vuoto incolmabile sopravenuto inatteso ed imprevisto, inclemente non può quantificarsi, né può descriversi a parole.

Tra applausi e pianto, per l’ultimo addio, stretti intorno al bianco feretro ai piedi dell’altare. L’abbraccio di Ischia ad Emanuele Pisani, 6 anni, vittima indifesa della strada. Ecco quanto la gente lo amava. Una chiesa stracolma di gente, una folla sentitamente commosso ed un cielo immobile stretto nella morsa di un’afa insostenibile che in silenzio assiste nel giorno dell’ultimo saluto ad una creatura
Il cui incomprensibile destino segna in maniera indelebile l’animo di quanti hanno partecipato alla sua disgrazia e al dolore della sua famiglia. Un cuore che continuerà a battere in quanti l’hanno amato riposa in pace. Dopo l’omelia dei parroci, la questura voluta per l’adozione a distanza di un bambino ed il ringraziamento di papà Franco che commosso, parla del suo meraviglioso piccolo come il più bel dono ricevuto, nel bene e nel male. Poi la sepoltura accompagnato dal lungo corteo funebre.

Lo strazio del distacco, della perdita di un amore grande ed indissolubile eterno, di quel calore che solo il contatto umano sa darti… certo non si quantifica ne può descriversi a parole. Anche la gente accorsa in massa, non s’ode, non un fremito non un sussulto. Una lenta e rispettosa processione da e verso la piccola bara bianca, adagiata su un ornato piedistallo, ai piedi della navata maggiore sotto l’altare grande. Persino le auto giù in strada sembrano passare evitando l’inopportuno rombare. Maledetto quel venerdì 9 settembre, quando un attimo, una coincidenza di luoghi persone e fatti è costato così tanto, troppo! Il cielo della serenità di una famiglia si è oscurato lasciando trapelare un solo lieve raggio di speranza che non si è spento nel primo giorno senza vita di un bocciolo, un fiore nato nel giardino di casa, ma dall’orizzonte sconfinato. Quella speranza ha un solo unico nome, Emanuele. Occhi grandi, grande cuore, all’alba della vita. Quella vita che don Vincenzo Avallone definisce una sinfonia incompleta della quale ognuno di noi scrive nel corso della sua esistenza le parole che per quanto lunga possa essere non vedrà mai la fine. Così come è per Emanuele, il segno di Dio sulla terra che ora da un mondo sconfinato e senza limiti ci guarda, guarda, la sua famiglia mamma e papà tanto che insieme si possa continuare a scrivere le parole di un opera già cominciata insieme. E quale inizio migliore se non quello di scegliere la via dell’adozione a distanza in nome di una vita terrena mai vissuta, la vita di Emanuele, per dare speranza ad un bimbo che nel suo nome vivrà altrove. A ciò la questura devoluta per volere dei genitori a favore della stessa. Quella espressione angelica di cucciolo, bimbo che all’improvviso si è sfigurata nel volto, dipinto dalle fosche tinte di un quadro, di terrore e morte che lo ha stravolto. La speranza resta, anche quando, volendo seguire l’omelia di Don Pasquale, le umane certezze vengono meno e la fede in Dio vacilla. Quella speranza ora è il cuore di Emanuele che continuerà a battere in quanti lo hanno amato. Sicuramente lo avrebbe fatto lui al nostro posto, avrebbe continuato a sperare nel nostro cuore sfidando il gioco della vita. Ma come si può, alla luce della ragione sfidare l’incomprensibile? Un mistero, ora l’unica via per andare avanti, come amore oltre la vita, oltre la morte, oltre il rimpianto, oltre! Nel corso della lunga e commovente cerimonia funebre rotta dalla disperazione di mamma e papà stretti ai piedi del feretro, davanti all’immagine del proprio piccoli, assorti, intontiti e meccanicamente portati con le manie a ripercorre accarezzando i lineamenti di quel frutto, di quel figlio amato.
La tappa finale è forse proprio il termine ultimo dell’esistenza che per ognuno giunge, anche se in modo diverso ed in diversi momenti. Questo era il tuo momento, ci ripetiamo, anche se ci appare assurdo e non sappiamo dire perché ora!. Era il tuo momento, il momento della tua sublimazione ed elevazione ad una dimensione superiore, immenso, piccolo uomo. Certo la rabbia è tanta, il senso del distacco, lo sconforto, davvero tanto e il cuore addolorato non fa che acuirne il senso. Bimbo, allegro, pieno di energia e vita, così vogliamo ricordarti. Sì è così che vogliamo ricordare, dimenticando il bianco volto marmoreo. Vogliamo ricordare il largo sorriso, i pochi momenti che il Signore gli ha concesso, ma tanto intensi che sarà impossibile dimenticare. La speranza resta,dunque, quel filo, troppo sottile, a cui ha voluto legare la nostra esistenza chi governa dall’alto le nostre gesta.. e tanto papà Franco ha voluto rammentare, al termine del rito funebre, ringraziando dinanzi alla folta platea per « ringraziare, nel bene e nel male,per il meraviglioso dono che questo stupendo bambino è stato», poi le parole rotte dal pianto, la commozione, le lacrime a soffocare la ragione. Poi l’inizio del lungo corteo verso il luogo della sepoltura, Mamma Brigida distrutta e stremata, sorretta da chi ne condivide il dramma, con lo sguardo perso verso la culla eterna a cui lo svolgersi degli eventi ti ha destinato Emanuele, come l’aurea che avvolge il candore che ora ti veste, il bianco pensiero che ti circonda, vagava in cerca di un perchè: a questo punto ogni cosa è compiuta, è stata una tragedia. Non serve soffermarsi nell’ovvia superficialità dei se, dei come e dei ma, come quelli che spesso si rincorrono nei funerali, anche quelli più sentiti. Emanuele non è morto è qui fra noie ci ha donato ciò che di più bello e grande aveva, il suo cuore che si son divisi in parti ugualmente intense, tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e volergli bene. E chissà se ti aspettavi tanto affettuoso seguito dolce fanciullo. La Basilica era stracolma di persone, provenienti da diverse parti dell’isola ma unite dall’affetto e dalla commozione che ha fatto seguito alla prematura e disgraziata tua dipartita. C’erano davanti al feretro tutti, i parenti e dietro le autorità a cui è stato dato l’onore di presenziare le tue esequie. Sempre con te anche dopo l’estrema unzione, nel ricordo indelebile all’indomani dell’inevitabile riposo eterno. E giù nei lunghi applausi che ti scortano all’uscita dalla chiesa. All’esterno, perché davvero quella casa di Dio non è riuscita a contenerli tutti. Tante persone che hanno seguito le tue vicende e non ti dimenticheranno. Gente che con commozione, addolorati hanno guardato verso la tua mamma sentendo colta nel profondo l’anima, dinanzi ad una madre rimasta immobile con le sue braccia vuote. E nel giorno del tuo funerale, il cielo ha avuto animo di farsi forza e lasciar trapelare un tenue raggio di sole che non illumina, non riscalda perché non sa, ne può penetrare lo sgomento, neppure avvinghiandola con un’afa a tratti insostenibile. Tutto così spontaneo, naturale, tanto che ascoltare nel silenzio composito le musiche del coro, in questo strano giorno, avrà commosso anche te, Emanuele. È sempre una sensazione che mette i brividi ascoltare le voci di chi narra le parole del Signore, una musica che si amplifica nel rumore che solo sa fare il silenzio di centinai a di persone.