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IschiaNews - Cronaca
Scritto da Tina Taliercio   
Lunedì 11 Settembre 2006 11:53

Ischia: Un cambiamento culturale possibile da attuare, per non restare indietro rispetto all’Europa anche in questo campo

Una proposta lineare e coerente: riformare l’organizzazione delle ferie in Italia. Finalmente qualcuno lassù in alto se n’è accorto: rispetto al centro e al nord Europa siamo rimasti gli unici a concentrare le ferie nel mese di agosto, con conseguente chiusura delle fabbriche, degli studi professionali, degli esercizi commerciali e persino delle sedi istituzionali di governo del Paese (quante volte leggiamo sui giornali, come fosse un’ovvia necessità: “…sospensione dei lavori in Parlamento e a Palazzo Chigi per la pausa estiva”).

Agli occhi dei nostri omologhi europei, la nostra ultra radicata consuetudine delle città deserte ad agosto, degli esodi e controesodi (termini quantomeno inopportuni) e della calca infernale (anche in quanto a temperature) dei cosiddetti “luoghi di villeggiatura” (a proposito, cos’è un luogo di villeggiatura…?) risulta da tanto tempo controproducente e immotivata. In effetti, dal Brennero in su non esiste questa netta concentrazione, questo blocco totale delle attività, che peraltro va a discapito della qualità delle proprie vacanze oltre che del proprio portafogli, visto che i prezzi nella cosiddetta alta stagione sono sempre esageratamente elevati.
Se un parametro di valutazione della qualità delle vacanze fosse lo spazio a disposizione per ciascun “vacanziero” o il tempo perso a causa dei tempi d’attesa, allora agosto si rivelerebbe il peggiore in assoluto, visto che le file, il sovraffollamento, la difficoltà di trovare posti liberi nelle spiagge e nei locali pubblici in genere sono una costante perenne. A questo si aggiunge il non trascurabile “dettaglio” della qualità dell’aria e delle acque nonché la pulizia e l’ordine, che subiscono un crollo verticale.
Peccato che invece gli unici parametri considerati validi siano unicamente di tipo economico: la quantità di domanda in rapporto all’offerta. Sale la domanda? Salgono notevolmente i prezzi. E viceversa. Ma l’aumento di domanda è fortemente obbligato e non frutto di una scelta. Un’infinità di volte, infatti, mi capita di sentirmi rispondere dalle centinaia di richiedenti un soggiorno ad Ischia, che vorrebbero tanto avere le ferie a giugno, a settembre o ad ottobre, ma purtroppo né il lavoro né la scuola glielo consentono. Non è perciò sorprendente che circa il 75% di coloro che in questi giorni stanno esprimendo la propria opinione ai grandi quotidiani on-line riguardo alla disponibilità a modificare le modalità e le cadenze delle ferie si stia esprimendo con un “sì” e solo il restante 25% con l’opinione contraria.
Il vice-premier nonché ministro dei Beni Culturali con delega di coordinamento per il Turismo, Francesco Rutelli, ha colto nel segno un bisogno oramai maturo nella stragrande maggioranza della popolazione – esclusi naturalmente i circa due milioni di italiani, tra cui gran parte di noi ischitani, impegnati invece nelle destinazioni turistiche a far trascorrere le vacanze agli altri. Anche se la moda delle ferie ad agosto ha contagiato anche una parte di nostri concittadini isolani: negli ultimissimi anni si è diffusa sempre più la tendenza a chiudere tutto quanto sia possibile chiudere tra le due e addirittura le quattro settimane di agosto, lasciando così tutti i propri clienti privi di un servizio di cui soprattutto nel mese di più alto afflusso turistico hanno un bisogno fondamentale. Mi riferisco evidentemente ai liberi professionisti ed ai commercianti. È una contraddizione in termini: operare nel turismo balneare (fossimo in montagna sarebbe già più comprensibile) e chiudere per ferie nel momento di massimo lavoro.
Sarà che i “must”, le tendenze e le mode posseggono una forza magnetica a cui i più non riescono a sottrarsi?
La proposta di Rutelli, che peraltro si aspetta la fisiologica scia infinita di polemiche, di cui noi italiani siamo i… Campioni del Mondo, sarà indubbiamente al centro dei lavori a Montesilvano di Pescara, dove il 29 e 30 settembre si terrà la Conferenza nazionale sul Turismo.
Ma, al di là delle conferenze, quel che conta a mio avviso è aver introdotto l’argomento tra noi cittadini, perché questo diventi punto di riflessione e di svolta. In particolare per le destinazioni turistiche come la nostra, nelle quali gli imprenditori e operatori tutti, di fronte ad un’idea così dinamica – giunta peraltro in un momento in cui gli organismi economici internazionali stanno incoraggiando l’economia italiana, attraverso correzioni più ottimiste delle stime di crescita del PIL – potrebbero rivoluzionare in meglio i loro programmi per il 2007.
Se da un lato è giusto dibattere a fondo sull’argomento, che sembra leggero e disimpegnato ma in realtà coinvolge l’intera organizzazione del Paese, è altrettanto giusto non assumere però posizioni prevenute, basate unicamente sulle resistenze dettate dall’abitudine e dalla sicurezza inconscia che questa sembra offrire.
Distribuire i tre mesi di vacanze della scuola nell’arco dell’anno, tenendo conto anche delle notevoli differenze climatiche da Pantelleria ad Aosta, creerebbe durante l’anno maggiori opportunità di viaggio e manterrebbe nello stesso tempo più attivo lo studio, evitando il comprovato effetto dannoso di tre mesi di seguito di completa inattività scolastica, così come l’altrettanto eccessiva concentrazione di spostamenti in presenza di “ponti” sul calendario.
A livello di economia turistica, il vantaggio di una più equilibrata distribuzione delle ferie nell’arco dell’anno porterebbe indiscutibilmente un incremento di presenze in quelli che allo stato attuale sono periodi di bassa e bassissima stagione, migliorando la qualità dei servizi (che invece oggi cala drasticamente con il calare delle tariffe), offrendo maggior stabilità e continuità alla forza lavoro e producendo così maggior competitività della nostra offerta turistica a livello internazionale.
Infine, una più equa distribuzione dei periodi di ferie alleggerirebbe anche la rete di trasporti nazionale, abbasserebbe la quantità (e probabilmente la gravità) degli incidenti autostradali, poiché una delle loro cause principali risiede proprio nell’intensa circolazione, nell’alta concentrazione di veicoli, nelle interminabili code e, non ultimo, nello stress e sue conseguenze negative sulla salute, che queste situazioni critiche provocano nell’individuo.

Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Aprile 2013 16:14