Napoli: Vincere una torbida pagina di storia Stampa
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NapoliNews - Storia
Scritto da Achille Della Ragione   
Venerdì 05 Giugno 2009 19:00

Napoli: Vincere una torbida pagina di storia

Accolto tiepidamente dalla critica italiana, Vincere, di Marco Bellocchio sulla stampa specializzata straniera è stato viceversa salutato come uno ottimo film in grado di gareggiare alla pari con i favoriti per la conquista del palmares.
La trama rende conto di un aspetto poco noto della nostra storia, un amore giovanile di Benito Mussolini con Ida Dalser, sancito da un matrimonio civile  e dalla nascita di un figlio riconosciuto dal duce. Un episodio sul quale dubito che gli storici abbiano posto il loro imprimatur definitivo  e che fu trattato alcuni fa in un servizio televisivo che fece grande scalpore.

La narrazione scorre come un gigantesco affresco con i toni di uno struggente melodramma, intercalato da immagini di repertorio celebri, dalle cruente battaglie della prima guerra mondiale alle inqualificabili scorrerie delle squadracce in camicia nera, dai discorsi del duce dal balcone di Palazzo Venezia alla firma del Concordato.
L'interpretazione di Giovanna Mezzogiorno è semplicemente superba, sia quando ci mostra ripetutamente, completamente nudo, il suo esile corpo, sia quando lavora magistralmente con un volto espressivo ed un uso degli occhi da cinema muto.
All'inizio vi sono numerosi, quanto gratuiti, amplessi tra un giovane ed aitante Benito e la Dalser, conditi da sonori ed imbarazzanti mugolii di orgasmi, a rafforzare la fama iperviriloide del futuro dittatore. Poi la inaspettata gravidanza, il matrimonio, la nascita del bastardello dal nome altisonante, riconosciuto, ma non gradito.
La donna non rinuncerà al suo amore ed ai suoi diritti con una tenacia ed una perseveranza che la condurranno al manicomio, sana di mente, pazza solo della sua passione sviscerata per un uomo che non la desiderava  più e divenuto potente decise di annientarla.
I fotogrammi scorrono solenni come in una funesta odissea nella quale ambizione e solitudine ci riportano ad un'Italia che pochi oramai possono dire di aver conosciuto di persona. Ci mostrano la dolorosa parabola di una donna che, nell'illusione di un amore finito, ebbe il coraggio di combattere da sola contro il potere, trascinando anche il figlio nello stesso triste destino. Moriranno infatti entrambi tra le mura di un manicomio, Ida nel 1937, Benito nel 1942.
Impagabili sono le scimmiottature  che il figlio fa del celebre genitore, mimando la sua grottesca retorica, fatta di gesti ridicoli e di una mimica folle e disarticolata; sembra quasi di rivedere il divino Totò in una delle sue inimitabili imitazioni. Penose sono invece  le scene di vita manicomiale dove le sventurate recluse, nude e legate ai loro lettini, sono costrette ad un'esistenza misera e senza speranza di redenzione.
Un film che ci restituisce un Mussolini inedito, spietato e crudele, mentre la sua fama di maschio superdotato ne esce visibilmente rafforzata, anche se non ha mai subito incrinature, al punto che le compagne della infelice Ida le chiedevano curiose quanto fosse grosso l'uccello dell'infaticabile condottiero.
Achille della Ragione

Ultimo aggiornamento Sabato 06 Luglio 2013 21:07